Il 9 ottobre 1963 una grande tragedia sconvolge l’Italia. Sulla linea di confine tra le province di Belluno e di Udine, un’enorme frana precipita dal monte Toc nelle acque della diga del Vajont. L’onda che provoca scavalca ogni ostacolo e si riversa nella vallata sottostante con effetti devastanti, a causa dei quali i paesi di Longarone, Rivalta, Pirago, Villanova, Faè, Erto, Casso e Castellavazzo vengono spazzati via. Di questi centri abitati non restano che cumuli di macerie e di fango, sotto alle quali muoiono 2.500 persone.
Nei luoghi colpiti dal disastro si concentrano in poche ore uomini e mezzi, e tra i soccorritori i vigili del fuoco assumono subito il ruolo di protagonisti. Non tanto perché professionalmente qualificati e addestrati per affrontare le prestazioni d’istituto in occasione di ogni calamità. E non solo perché, giunti per primi sul teatro della catastrofe, provvedono al salvataggio di decine di vite in pericolo. Ma anche, e soprattutto, perché a loro spetta l’opera più dolorosa e difficile, di gran lunga più importante agli occhi dei superstiti e nel quadro dei soccorsi: la ricerca degli oltre 2.000 cadaveri dispersi dentro e fuori la zona colpita.
A Longarone anche il locale distaccamento di volontari del corpo nazionale è stato spazzato via dalla furia dell’acqua e del fango, che non lascia scampo a quattro uomini del personale in quel momento in servizio. Uno dei due superstiti, Ado De Col, presta aiuto ai pochi che riescono a sopravvivere alla catastrofe. Dopo qualche ora giungono i primi soccorsi, organizzati dai vicini vigili del fuoco volontari di Cadore e di Agordo, e il lavoro che compiono in salvataggi, trasporti di feriti, ricerca degli scampati, rimozione delle macerie è superbo per tempestività ed efficacia. Intervengono anche squadre del corpo nazionale provenienti da Belluno, capeggiate dal geometra Bolzan e dal maresciallo Incà, e la prima notte sono portate in salvo 73 persone. I giorni successivi arrivano rinforzi da Treviso, Udine, Venezia, Gorizia, Trieste e da diversi altri comandi provinciali d’Italia.
Complessivamente, il numero di vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso e recupero delle salme supererà le 850 unità. Verranno inoltre utilizzati 271 mezzi motorizzati del Corpo, compresi tre elicotteri (che totalizzeranno 214 ore di volo), 32 barche, tre autogru e sei pale meccaniche.