Una delle prime grandi calamità che hanno colpito il territorio italiano dopo la fine del Secondo conflitto mondiale è stata l’alluvione del Polesine, nel 1951. Quell’anno, in pochi istanti, otto miliardi di metri cubi d’acqua trasformano quella terra fertile in un enorme pantano: 107.000 ettari su 157.000 coltivabili sono allagati, i raccolti perduti.
I primi allagamenti si verificano il 12 novembre 1951 nell’Oltrepò pavese, quando all’altezza della confluenza tra il Ticino e il Po le acque cominciano a raggiungere un livello elevato. Gli argini del grande fiume cedono anche nel territorio del cremonese e nelle province di Parma e Reggio Emilia. Il 14 novembre la cittadina di Gualtieri è allagata, ma a pagare il prezzo più alto dell’ondata di piena è il territorio del Polesine. Nella notte del 18 novembre sono evacuati la città di Rovigo e i centri minori di Adria, Cavarzere e Loreo, che, il giorno successivo, sono invasi dall’acqua.
Il Paese intero si mobilita per la prima importante campagna d solidarietà della sua nuova storia. Da ogni luogo della penisola partono soccorsi, volontari, autocolonne di viveri, indumenti e medicinali. I vigili del fuoco lavorano per giornate interminabili e, pur con mezzi non sempre adeguati all’entità dell’accaduto, portano in salvo migliaia di famiglie, accalcate sugli argini o arrampicate sui tetti delle case. E sono veramente numerosi gli interventi al limite dell’eroismo portati a buon fine, come nel caso delle cinque persone rifugiate sul tetto della canonica della località Canaro-Frassinelle e portate a terra da un squadra del corpo nazionale giunta da Padova. Un altro arduo compito lo assolvono tre vigili del fuoco di Ferrara che, per oltre un’ora, lottano contro la furia delle acque per raggiungere con la loro barca un naufrago che si trova a 100 metri di distanza. Non vanno poi dimenticate le numerose persone, tra cui donne e bambini, rifugiatisi su un troncone di terra circondato dalla furia delle acque in località Occhiobello, portate in salvo da tre vigili del fuoco che le raggiungono, non senza difficoltà, con una barca a motore per trasportarle poi al sicuro, nel corso di diversi viaggi, sul bordo del fiume. Le azioni di soccorso si susseguono interminabili, e il corpo nazionale, ancora una volta, si distingue per l’alto senso del dovere e per lo spirito d’abnegazione, tutti elementi che ancora una volta contribuiscono a radicare la figura del vigile del fuoco nel cuore della gente. Nell’occasione viene altresì rinforzato un legame che già si era fortemente instaurato nel corso degli eroici salvataggi seguiti ai bombardamenti negli anni ancora molto vicini della Seconda guerra mondiale. Al corpo nazionale viene così conferita la medaglia d’oro al valor civile per l’encomiabile opera di soccorso prestata alle popolazioni del Polesine colpite dalla tremenda alluvione.